martedì 4 settembre 2012

Qualcosa da ricordare

Oggi è il mio compleanno.
Un anno fa stavo scendendo dalle montagne completamente coperte di piante di thè dell'isola di Sri-Lanka, a bordo di una non ben identificata auto guidata da un vecchio cingalese con la cistite. Il viaggio è durato tutto il giorno perchè sto pover'uomo doveva fermarsi ogni ora a far pipì, eppoi anche perchè in quell'isola non esistono superstrade veloci e ben curate, ma solo infiniti tornanti e sorpassi azzardati in pochi metri di rettilineo. Tipo che se ti trovi un autobus davanti, ti devi mettere in coda per un'ora o due.
Alla fine siamo riusciti ad arrivare a Colombo, sfiniti e stremati non solo da sette ore di auto e curve, ma anche da un'intera settimana passata a trottare da una parte all'altra dello Sri-Lanka a vedere Buddha, visitare vecchie rovine, accarezzare gli elefanti e dar da mangiare alle scimmie.
Ma poco ci importava: ci attendevano la cena, cinque ore scarse di sonno, un'aereo con destinazione Atollo di Ari, Maldive, e altre due settimane di viaggio di nozze da sogno.
Ricordo il nostro atterraggio, a mezzogiorno, all'aeroporto di Male, e poi il viaggio in idrovolante, l'oceano sotto di noi che sembrava che allungando le dita si riuscisse a sfiorarne l'acqua verde, ed infine il resort.
L'idrovolante è atterrato sull'acqua, siamo scesi sul pontile di legno e come in un sogno abbiamo camminato lungo la passerella fino alla reception. O meglio, ci siamo trovati dentro senza accorgercene, perchè non c'erano porte, nè mura nè tende, solo un tetto di canapa e tanti fiori che ne scendevano, ed avendo ancora le scarpe addosso non ci eravamo accorti che il pavimento era diventato di morbido legno, anzichè di sabbia battuta.
Ci hanno fatto accomodare in uno dei divani, ci hanno servito del thè freddo filtrato, e ci hanno detto di attendere qualche minuto che ci sarebbe stato spiegato tutto. Noi non se ne poteva più, c'erano 40 e passa gradi, avevamo i jeans e le maglie di cotone a maniche lunghe, dentro alle scarpe sentivamo le rane e a cinque metri da noi scintillava il mare.
Eppure ricordo bene che quando è arrivata Francesca e ha cominciato a parlare, ad un certo punto la volevo baciare in bocca: ci diceva che l'atollo era lungo quattro metri, largo al massimo quattrocento, che si poteva girare a piedi, in bici o con le macchinine elettriche che funzionavano da piccoli autobus a sei posti; ci diceva che la barca per fare snorkeling partiva due volte al giorno per raggiungere il reef e che l'attrezzatura si ritirava al centro sporting e poi si poteva tenere fino alle 19; e poi ricordo che ci diceva che c'erano sei ristoranti, due internazionali, uno maldiviano, uno italiano, uno asiatico e uno di sushi, che potevamo andare dove volevamo e che solo quello giapponese si doveva pagare, gli altri erano compresi nel prezzo, come tutto il resto d'altronde, e allora lì ricordo che mi sono voltata dall'altra parte xchè mi sono salite le lacrime agli occhi dalla commozione.
Finalmente ci ha accompagnati al nostro bungalow, grande il doppio del nostro intero appartamento, col tetto di paglia, il letto pieno di fiori di frangipane, il salottino con gli omaggi per gli sposi, i cappellini, i parei e la tortina nuziale e il bagno con i due lavandini, la vasca e le due docce, una delle quali fatta di pietre, all'aperto in mezzo alle piante e ai gechi. Si, avevamo un giardinetto in bagno.
Una parete della camera era interamente di vetro, e dava sulla veranda con un altro divano, angolare questo, il tavolino e le sedie, la qual veranda di legno poggiava sulla sabbia bianchissima. Avanti una decina di metri, i nostri sdrai con l'ombrellone di paglia, e oltre, l'Oceano Indiano, verde, azzurro, blu e scintillante. I bungali confinanti distavano una decina di metri, tutto era circondato da alte palme, folte siepi, e piante di fiori coloratissimi, la pace era assoluta.
Francesca ci augura buona permanenza, ci saluta, chiude la porta dietro a sè. Io mi volto, guardo mio marito, non so che dire, vorrei urlare, non so se farlo che poi magari lo infastidisco, ma poi chissenefrega, allora urlo, e nello stesso istante urla anche lui, e saltiamo assieme, ci abbracciamo, lui mi alza e mi fa girare forte, e non posso fare a meno di piangere.
Tutta la stanchezza, la tensione di mesi di preparativi, il matrimonio, la partenza qualche ora dopo aver buttato fuori di casa l'ultimo ospite, un'intera settimana di tour devastante, il mio alluce rotto, il jet lag, spazzato via, assieme ai nostri vestiti, alle scarpe (che non avremmo più usato per due settimane, anzi, dopo qualche giorno non usavamo neanche più le infradito, alle Maldive si gira scalzi), in cinque secondi, un costume, la corsa verso l'acqua, e il primo, meraviglioso, indimenticabile tuffo nell'azzurro più azzurro che c'è.
Tutto urlando.

Oggi, sono seduta ad un caffè vicino a Ravenna. Piove. Sto lavorando. Sono in premestruo. Ho le palle girate a causa di una collaboratrice particolarmente rincoglionita. Le prossime ferie sono a Natale.

Devo aggiungere altro? Tanti auguri a me.